Canoviana2012

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domenica 22 giugno 2014

Giorgio Morandi in mostra a Firenze

La Fondazione di Studi di Storia dell'Arte
Roberto Longhi, Firenze
Bologna, 1964, 18 Giugno: muore Giorgio Morandi.
Firenze, 2014, 1-22 Giugno: in mostra.
Grazie al sostegno della Collezione Merlini, Fondazione Roberto Longhi  ha aperto alcune sale per ospitare Giorgio Morandi, uno degli artisti più cari e affezionati allo storico dell'arte, per ricordarlo a 50 anni dalla scomparsa.
GIORGIO MORANDI ROBERTO LONGHI Opere Lettere Scritti a cura di Maria Cristina Bandera.
Facciamo un passo indietro e immaginiamo un'amicizia forte, quella tra Giorgio Morandi e Roberto Longhi. 
Giorgio Morandi e
Roberto Longhi
Con la presenza attenta e appassionata dei borsisti della Fondazione che hanno accompagnato alla visita, nelle stanze dalla "casa" di Longhi si è compiuto un passo a ritroso nell'attività artistica di Morandi, ma non solo.
La mostra che chiude oggi [ 22 Giugno 2014 ] a Firenze, infatti, ha ripercorso le fila di una conoscenza fatta di passioni comuni - Cézanne, Piero della Francesca... Caravaggio - e di un ideale sodalizio artistico.
Il lavoro del professore (come preferiva farsi chiamare) ci si presenta attraverso la voce stessa di Roberto Longhi, che ricorda l'amico davanti alle telecamere de l' "Approdo", a pochi giorni dalla sua morte. Seguono i racconti di Riccardo Bacchelli, che dipinge un ritratto morandiano umano e (quasi) frivolo, senza dimenticare osservazioni puntuali e profonde in merito alla sua personalissima arte.
E poi le opere: Nature Morte, Fiori, Paesi e incisioni. Poche e selezionatissime (i doni fatti dal pittore a Longhi e alla moglie e i tre olii facenti parte della Collezione Merlini) per una mostra di nicchia, volta non solo alla celebrazione e al ricordo dell'artista cinquant'anni dopo la sua scomparsa, ma anche indirizzata all'aggiornamento degli studi.
Chiudono la visita, infatti, alcuni documenti: gli appunti di Longhi per la mostra su Morandi del '45 alla Galleria Il Fiore (Fi), un inedito scambio epistolare e la bozza del discorso fatto da Longhi nel giugno del '64 nella trasmissione televisiva dell'Approdo. Appartiene a questo momento, tra le righe appuntate con chiarezza sul foglio e le parole espresse con fermezza davanti alla telecamera, la celebre considerazione del critico in merito all'artista: "Morandi non sarà secondo a nessuno".
Conferma di ciò lo dà il catalogo della mostra, che non è propriamente un catalogo... si tratta, piuttosto, di un VOLUME, corredato certo delle schede delle opere in mostra, ma arricchito dell'analisi e trascrizione dei documenti esposti e di nuovi studi effettuati dalla prof.ssa Marica Cristina Bandera, curatrice della mostra.
Mi riferisco inoltre al saggio di Marinella Gnani, che avvia le ricerche in merito alle tecniche e ai materiali usati da Morandi, analizzandone le tele utilizzate.
Interessante, infine, il dialogo nel quale sono stati coinvolti i borsisti della Fondazione Longhi, che si sono interrogati sul "Perché Morandi oggi?". 




La Natura Morta metafisica rubata negli anni
Ottanta alla Fondazione di Studi di Storia
dell'Arte Roberto Longhi e ora dispersa
che apriva la mostra




sabato 21 giugno 2014

#estate

Carlo Mattioli, La spiaggia, 1972


Osservare tra fondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
(da E. Montale, Meriggiare pallido e assorto)



Telemaco Signorini, Marina a Viareggio, 1860






lunedì 9 giugno 2014

Sensazione in recensione

Uno dei primi ricordi che ho di Venezia è tinto dei colori del tramonto.
Un tramonto d'estate, tiepido e rosa. E stupito: avevo tre anni, l'età delle scoperte.
Ricordo il lento cullare delle gondole e l'ebbrezza dei taxi motoscafo, ricordo che era come vivere in un sogno. Ricordo il riflesso del crepuscolo sulla facciata degli Scalzi, colori ballerini su una vibrante fronte marmorea.

Venezia, Chiesa degli Scalzi, facciata, foto ante 1920

La memoria di ciò riaffiora grazie a un libro che mi è stato chiesto di recensire, un libro per "addetti ai lavori", ma anche per appassionati e semplici curiosi. Un libro, pertanto, che sembra rivolto al medesimo pubblico con il quale dialoga osservarte e che non vogliamo recensire in maniera tradizionale. De La Chiesa di Santa Maria di Nazareth e la spiritualità dei Carmelitani Scalzi a Venezia non voglio passare in rassegna l'indice -indice che è specchio della varietà di intenti del volume stesso, atti del convegno "La chiesa di Santa Maria di Nazareth. Arte e spiritualità dei Carmelitani Scalzi a Venezia" tenutosi in Laguna dal 30 novembre al 1 dicembre 2012. Il convegno e la pubblicazione degli atti nascono nell'ambito del progetto "Chiese di Venezia. Nuove prospettive di ricerca" che intende studiare spazi sacri veneziani con un approccio multidisciplinare, passando attraverso l'arte, la fede, la politica, l'economia e la società e le vicende conservative e di restauro.


Non voglio nemmeno riassumere malamente un testo ricco non solo di apparato illustrativo, ma soprattutto di contenuti che svelano le vicende dell'edificio e storia dell'arte, dell'architettura e della città, insieme al una fitta trama di committenze tra l'aristocrazia e i carmelitani.
Domenico e Giuseppe Valeriani
Gloria d'angeli, ante 1717 cupola,
part.Venezia, Chiesa degli Scalzi
Vorrei, piuttosto, indurvi a leggerlo, a prenderlo in mano e sfogliarlo per scoprire una chiesa emblematica.
Sì, emblematica è l'aggettivo adatto per un edificio sacro come Santa Maria di Nazareth, sorto all'imbocco dal Canal Grande in un'epoca di grandi cambiamenti all'interno del mondo cattolico e della società lagunare. La Chiesa post-tridentina, "controriformata" da una parte, e una Venezia che con le unghie e con i denti tentava di mantenere il proprio spazio all'interno del Mediterraneo dall'altra. Tra stravolgimenti religiosi e una sorta di implosione politica sorse pertanto la sola chiesa di Venezia che vede la scultura come protagonista assoluta. 
L'ordine mendicante dei Carmelitani Scalzi arrivò in Laguna attorno al 1633 e con gradualità si insediò negli spazi occupati ancora oggi dal Convento e dalla Chiesa; nel 1646 il Senato concesse l'istituzione di un convento, che sorse a metà del secolo. Pochi anni dopo arrivò la commissione all'architetto Baldassarre Longhena! Aggiungiamo altri nomi al dietro le quinte per la definizione di un edificio che si è fatto manifesta dell'architettura ecclesiastica della metà del Seicento: Giuseppe Pozzo (frate laico dei Carmelitani, architetto fratello minore del più celebre Andrea), Antonio Gaspari (architetto di scuola Longhena, ma anche romana) ed eccola: un'unica navata, due cappelle laterali a propria volta affiancata da due minori ciascuna. 

Baldassarre Longhena, con aggiunte di Giuseppe Pozzo
chiesa degli Scalzi, planimetria, 1754, Milano
Archivio Provinciale dei Carmelitani Scalzi, Album Pozzo, f.94

Facciamo altri nomi, cioè Giuseppe Sardi e i fratelli Orazio e Angelo Marinali; il primo disegna e i secondi realizzano le sculture per la facciata commissionata da Girolamo Cavazza e conclusa nel 1680. Un trionfo scultoreo, una eleganza monumentale che attanaglia l'attenzione di chiunque. Già qui, al solo, seppur avvinto, sguardo alla fronte, si intuisce il rapporto forte che l'architettura ha stretto con la scultura. Se entriamo, protagonista è il il barocco trionfante mai immobile, ma sempre animato da un fervore carnale. 

Venezia, Chiesa degli Scalzi, interno

Gli altari delle cappelle, il presbiterio e l'altar maggiore son frutto del fervore creativo di Giuseppe Pozzo che dal 1695 al 1721 plasmò gli interni della chiesa, stravolgendo il concetto del bel composto seicentesco, in favore di una cromia ricca che dialoga con la luce e con il marmo.
Giambattista Tiepolo e Gerolamo Mengozzi Colonna
 Trasporto della Santa Casa, (distrutto) Venezia,
chiesa degli Scalzi, fonte: Fototeca Zeri
Le pitture della cupola e del coro dei frati furono affidate ai fratelli Valeriani, mentre Luis Dorigny dipinse la volta della cappella della Sacra Famiglia. Erano gli anni tra il 1716 e il 1717, che precedono di pochissimo il lavoro tiepolesco.
Attorno al  1722, infatti, Giambattista Tiepolo dipinse il Trionfo di santa Teresa sulla volta della cappella a lei dedicata e fra il 1743 e il 1745 realizzò insieme a Girolamo Mengozzi Colonna  il Trasporto della Santa Casa sul soffitto della navata.
Si apre qui una parentesi all'interno del volume stesso. William L. Barcham, che scrive di Giambattista Tiepolo e Gerolamo Mengozzi Colonna.... (pp.191-208), apre il proprio discorso ricordando il fatto che ha portato alla scomparsa dell'affresco: la sera del 24 ottobre 1915 le forzee aeree austriache colpirono la stazione ferroviaria.  Ma non solo: il soffitto della vicinissima chiesa degli Scalzi crollò. I frammenti superstiti sono oggi visibili presso le Galleria dell'Accademia, mentre nel 1929 fu chiamato Ettore Tito che dipinse La Gloria di Maria Trionfante dopo il Concilio di Efeso. Quest'ultimo affresco è di indubbia efficacia prospettica, ma con la scomparsa dell'opera tiepolesca si è andata a perdere l'unità iconografica e compositiva della chiesa.


Venezia, chiesa degli Scalzi, l'interno dopo il bombardamento del 1915

Tuttora, nonostante i danni della guerra e le ingenti perdite, l'interno maestoso concepito da Longhena, arricchito dei "capricci" di Giuseppe Pozzo e dal pennello di Tiepolo mantiene vivo il proprio fascino, così come la facciata in marmo bianco. Facciata che mi piace immaginare rapisca ancora oggi l'attenzione dei bambini, mentre gioca con i colori del sole al tramonto.
Per noi più grandi, un buon modo per alimentare lo stupore è leggere il libro qui sfogliato e raccontato!

Venezia, chiesa degli Scalzi, ricostruzione del soffitto originario (Barcham)


NOTA Laddove non sia indicato altrimenti, le immagini sono tratte dal libro  La Chiesa di Santa Maria di Nazareth e la spiritualità dei Carmelitani Scalzi a Venezia, a cura di G. Bettini e M. Frank, Marciana Press, Venezia 2014